Diritto, legge e giustizia al cinema

Settimane fa alcuni giornali hanno riportato che, come conseguenza dei regolamenti contro la yakuza di cui abbiamo parlato un paio di volte, la società di produzione Toei ha dichiarato che non si servirà più di membri della yakuza per i film sulla yakuza.

“I film e la realtà sono due cose diverse”

In realtà, tale affermazione non è del tutto convincente.
Innanzitutto, il fatto che oggi si dichiari che i membri della yakuza non saranno più scritturati, equivale a dire che fino a ieri gli yakuza comparivano nei film.
Inoltre, come sostiene Diego Gambetta nel suo ultimo, interessantissimo, libro Codes of the Underworld – How Criminals Communicate, il rapporto tra arte e realtà della criminalità organizzata non è a senso unico, nel senso che solo l’arte cerchi di rappresentare il mondo della malavita. Il rapporto è a doppio senso: se da una parte è indubitabile che l’arte imita la realtà, d’altra parte sono gli stessi gangster che talvolta prendono spunto dalle opere che parlano di loro e del loro mondo per modellare i loro comportamenti e comunicare sia tra di loro, che con il resto della società.

In Giappone il filone di film sulla yakuza è stato fiorente, anche se ora è in declino. Questi film hanno sicuramente dei risvolti interessanti sotto il punto di vista del diritto e della sociologia giuridica, ma non è del filone classico dei film sulla yakuza che voglio parlare in questo post.
Il tema di oggi sono 3 film giapponesi in cui si vedono rappresentazioni del diritto e della giustizia sullo schermo.

1. Minbo no onna

Il 22 maggio 1992, sei giorni dopo l’uscita di questo film, il regista Juzo Itami fu accoltellato da 5 membri della yakuza. Sopravviverà, ed i suoi assalitori saranno condannati.
Il 20 dicembre 1997 Juzo Itami viene trovato morto, sfracellato al suolo ai piedi di un palazzo. Wikipedia contiene dettagli presi da Tokyo Vice di Jake Adelstein sulle ipotesi intorno alla sua morte, che rimane tuttora un episodio poco chiaro.

Minbo no onna è un film sulla yakuza, ma a differenza dei film del filone classico, in cui i gangster sono dipinti anche con i tratti propri degli eroi, nel quadro nostalgico di una società preindustriale dove i gangster incarnano i tratti e la moralità dei samurai, questa è una commedia e l’eroe è una donna. Una donna avvocato. Che, come si vede nel trailer, non ha paura dei gangster e usa l’astuzia e gli strumenti della legge per difendere sé ed il suoi clienti dalle piccole e meno piccole estorsioni di cui vivevano gli yakuza nei primi anni 1990.

I gangster al contrario sono rappresentati come delle macchiette ridicole e meschine, e sono messi a nudo i trucchi ed i meccanismi psicologici su cui fanno leva.
Il film è in sostanza un lungo appello alla cittadinanza a resistere, a non farsi intimidire, e a rivolgersi quando necessario alla legge.
Non stupisce che qualcuno non abbia gradito e abbia cercato vendetta.

2. Soredemo, boku ha yattenai

Il titolo significa: “E comunque, non sono stato io”.
Il sottotitolo recita: “Questo è il processo”.

La vicenda è ispirata a una storia vera, e narra del giovane di cui sopra che un giorno viene accusato da una liceale di molestie sessuali in una carrozza affollatissima della metropolitana ( 痴漢 chikan). Seguono arresto, custodia cautelare, interrogatori e tutte le fasi tipiche della giustizia giapponese, ivi compreso il tentativo degli inquirenti di estorcere la confessione.
Un film assai critico dell’amministrazione della giustizia in Giappone, che ha avuto un discreto successo di critica e pubblico.

3. Shoji to Takao

Di Shoji Sakurai e Takao Sugiyama avevamo parlato nel primo vero post di Il diritto c’è ma non si vede, e più recentemente qui.

Non sapevo che su di loro fosse stato girato un film. Il blog sul cinema giapponese Sonatine ne ha scritto una breve recensione:

Ventinove anni sono una vita. La società, le culture  e le persone cambiano e si evolvono in un lasso di tempo così lungo. Ebbene, privare una persona di questa ricchezza, di questa abbondanza, anche drammatica, di vita è un crimine imperdonabile. Succede che nel 1967 Sugiyama Takao e Sakurai Shōji siano arrestati e successivamente giudicati colpevoli di un furto e dell’assassinio di un uomo nella piccola città di Fukawa. Non esattamente due stinchi di santo… → continua sul blog Sonatine

Qui il sito ufficiale del film, e qui sotto il trailer:

Ho visto i primi due, quest’ultimo ancora mi manca, e anzi, grazie a Sonatine per il suggerimento.

Questa voce è stata pubblicata in Società giapponese, Weekend brunch e contrassegnata con , , , , , , , . Contrassegna il permalink.

Una risposta a Diritto, legge e giustizia al cinema

  1. Pingback: Can’t touch this! | il diritto c'è, ma non si vede

Lascia un commento