Leggere Antropologia giuridica di Rodolfo Sacco a Tokyo (VII)

24 novembre 2009

10:17, sono il primo a entrare, e l’aula, stranamente, è già aperta, nonostante non vi sia nessuno dentro.
Arrivano Hashimoto e Kawada, ed il professore. Ci comunica che Nakajima oggi è assente.

Oggi inizio io. La frase che mi tocca è, naturalmente, una frase che mi aveva dato non pochi grattacapi quando preparavo la mia versione: «La présence du communautaire à côté de l’individuel est particulièrement suggestive en Afrique». Il giapponese è una lingua piuttosto concreta, come poter rendere «il comunitario» e «l’individuale»? I dizionari non mi sono di aiuto. Mi trovo in una situazione in cui riconosco benissimo che nella mia traduzione c’è qualcosa che non va, ma comunque la giri, non riesco a mettere insieme qualcosa di cui poter essere più o meno soddisfatto. Leggo: «Kyôdôtai seishin to kojinshugi no kyôzon», ritraducendo letteralmente in italiano: «la coesistenza dello spirito di corpo collettivo e dell’individualismo». La versione corretta sarà «Kyôdotekina mono to kojintekina mono no genzen». Non ci sarei mai potuto arrivare, e non so se la consapevolezza di ciò debba suscitare in me disperazione o al contrario, una serena rassegnazione. In ogni caso, la lezione continua.

Il comunismo primitivo non è «genshi kyôsanshugi», ma «genshi kyôsansei» ed il professore ci ricorda che non sempre la desinenza «-ismo» va tradotta con «-shugi»: talvolta, come in questo caso, è più appropriato tradurre «-sei», talvolta «-ron». Inoltre, fa notare come la pronuncia in francese di «communisme» sia mutata per via dell’influenza dell’inglese sulle élites, da [kømynism] a [kømyənism]. Il mio orecchio poco allenato alla parlata di Parigi non mi permette di distinguere differenze.

Ma la parte per me più interessante della lezione di oggi è la seguente: parliamo di diritti individuali contornati e limitati dal rispetto del sacro e delle esigenze del gruppo, ed il professore riprende la parola:

– A me questo passo ricorda Kawashima, Takeyoshi… l’avete letto?

Da qui si apre una parentesi su Kawashima, sul suo percorso intellettuale e naturalmente sulla mentalità giuridica dei giapponesi. I giapponesi conoscono il concetto di diritto soggettivo? La risposta è sì, lo conoscevano, ma all’interno del gruppo, ed in ogni caso un diritto soggettivo poteva essere sanzionato solo dall’alto di un potere centrale o dal gruppo stesso. Il suggerimento di lettura è un volume dal titolo «Amae to hôshakaigaku» [«Amae e sociologia giuridica». Amae non si traduce]. Si parla anche dei «revisionisti», come il professore dell’Università di Tokyo Aoki Masao, che affermano che al contrario in Giappone vi era un’idea di diritto proprio come in Occidente. Tuttavia il professore non sembra molto convinto della presenza di questa «kenri ishiki». Accenna alla consuetudine e apre una parentesi nella parentesi, raccontando una vicenda personale di azione di regolamento di confini di una casa in campagna, dapprima paralizzata dal formalismo del testo normativo, delle procedure burocratiche e dalla rigidità dei funzionari pubblici, poi risolta attraverso aderenze e metodi informali che portarono ad un giusto e lieto finale.

Torniamo a Sacco, e chiudiamo questa parentesi con un commento sul passo che tratta di rivoluzionamenti e usurpazioni sistematiche dovute all’applicazione delle categorie europee ai rapporti proprietari tradizionali:

– Ecco esattamente quello che è successo nella restaurazione Meiji.

La lezione prosegue. Un piccolo incidente: con un certo imbarazzo, non ricordo la lettura di una parola, che pure avevo tradotto. Capita anche questo.
L’ultimo a tradurre è Kawada. Abbiamo iniziato il punto 3. La lezione di oggi è volata.

(puntata precedente)                                                                                                      (continua)

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